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Il debito pubblico si ripaga col mattone


Claudio Scardovi, Senior Partner, Private Equity & Real Asset Leader di Deloitte Italia

l debito pubblico italiano, pari a circa 3 trilioni di euro a fine 2025, rappresenta un vincolo importante per la crescita del Paese. Con una spesa per interessi pari a circa 85 miliardi nel 2024, la necessità di investimenti strategici per raggiungere gli obiettivi di competitività, sostenibilità ed indipendenza, richiamata anche da Mario Draghi su scala europea, rende essenziale identificare soluzioni di finanziamento complementari al debito pubblico. Soluzioni capaci di attrarre capitali privati e di valorizzare al meglio asset immobiliari dello Stato, oggi scarsamente utilizzati e valorizzabili con interventi di rigenerazione, conversione “green” e cambiamento nella destinazione d’uso.

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Nello studio di Deloitte (“Ridurre il debito pubblico in Italia valorizzando i suoi asset reali: Padroni del nostro Destino”), analizziamo le opportunità di valorizzazione del vasto patrimonio immobiliare di Stato attraverso il progressivo riallineamento del valore dei cespiti rispetto al loro “highest and best available use”. Riallineamento realizzabile, nel maggiore dei casi, solo attraverso una loro trasformazione, con conseguenti investimenti significativi ma anche con ritorni attesi importanti, anche in vista della loro possibile valorizzazione finale.

Partendo dai 300 miliardi di euro di valore patrimoniale immobiliare dello Stato stimati dal Mef nel 2018, comprendenti immobili di proprietà delle amministrazioni centrali e locali, abbiamo ipotizzato interventi di riqualificazione per circa 500 miliardi di euro nei prossimi 5 anni. Questi includono ristrutturazioni edilizie ed efficientamento energetico in linea con la c.d. “Green House Legislation”, oltre che riconversioni d’uso (e.g. ad uso residenziale o turistico-alberghiero) per gli asset a più alto potenziale di valorizzazione. Il piano proposto prevede che tali interventi siano finanziati per l’80% tramite debito bancario e per il 20% da capitale privato, dato l’importante valore di conferimento iniziale da parte dello Stato. Sulla base delle analisi effettuate su macro aggregati, abbiamo stimato una rivalutazione complessiva superiore a 1.000 miliardi di euro, in grado di generare una plusvalenza netta di circa 200 miliardi ed un ritorno medio del capitale proprio investito pari ad 1.8 volte – in linea con operazioni di mercato similari.

Questo scenario consentirebbe di incrementare la produttività dell’asset immobiliare, generando rendite da locazione nel medio periodo ed evitando svendite nel breve. Allo stesso tempo, permetterebbe di massimizzare il valore di uscita attraverso cessioni nel lungo termine, sia nell’ottica di vendita di singoli asset, sia nell’ottica di vendita di portafogli con molteplicità di asset. Questi ultimi potrebbero essere conferiti a fondi contrattuali o a Sicaf immobiliari, ovvero cartolarizzati con veicoli ex Legge 7.2. Il duplice effetto positivo consisterebbe nella salvaguardia e piena valorizzazione del patrimonio dello Stato e nella riduzione del debito pubblico. L’ambizioso progetto, che richiede necessariamente di essere perseguito su di un orizzonte temporale pluriannuale, potrebbe essere percorso selettivamente e per passi successivi.

Questo approccio consentirebbe di trasformare e valorizzare al meglio asset produttivi e edifici pubblici sottoutilizzati o inutilizzati e giacenti in aree urbane e zone a elevato valore immobiliare, come appare essere ad esempio il caso di alcune ex caserme e altri immobili amministrativi situati nel pieno centro di città metropolitane italiane. Ovvero, trasformando e utilizzando altri edifici situati in aree rurali o in zone periferiche per perseguire obiettivi e finalità anche di natura sociale, ad esempio attraverso la realizzazione di residenze per studenti e anziani, o per giovani lavoratori e per le loro famiglie che difficilmente oggi possono permettersi l’acquisto o l’affitto di abitazioni in zone “prime” delle grandi città italiane. Tali interventi potrebbero peraltro realizzarsi nel contesto di interventi di rigenerazione urbana più ampi, tesi a favorire lo sviluppo di poli di innovazione e di spazi a utilizzo commerciale, contribuendo a supportare l’attrattività e qualità di vita di dette aree, supportando la creazione di opportunità di lavoro e l’incremento nel tasso di natalità delle famiglie italiane.

Nel nostro studio, abbiamo incluso un esercizio teorico di riconversione di una casa circondariale in pieno centro a Milano in residenze a canone calmierato per giovani lavoratori, in linea con il Piano Casa della Manovra 2025. L’intervento, che prevederebbe lavori di rifunzionalizzazione ed efficientamento energetico, permetterebbe di ricavare unità abitative e spazi condivisi dedicati a servizi sociali (ad es. centri di formazione, servizi per l’infanzia). L’analisi dimostra come anche investimenti di natura sociale possano offrire un ritorno sufficientemente interessante per investitori istituzionali, oltre a generare indotto ed esternalità positive per tutta la comunità circostante.

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La trasformazione del patrimonio pubblico utilizzata anche quale leva per ridurre il debito richiede un approccio graduale e ben pianificato. Secondo le nostre stime, un piano strutturato in 5-10 anni potrebbe ridurre il debito fino a 300 miliardi di euro, generando un risparmio annuo sugli interessi di circa 18 miliardi di euro. Il finanziamento di questi interventi potrà avvenire su basi di mercato, ricorrendo a schemi di partenariato pubblico-privato (Ppp) già ampiamente sperimentati con successo a livello internazionale. Gli investitori istituzionali e il sistema bancario potrebbero fornire capitali attraverso strumenti di debito ed equity strutturati tramite veicoli di investimento dedicati, mentre real estate developer e asset manager privati apporterebbero competenze manageriali necessarie per lo sviluppo e la gestione efficiente degli asset.

Misure di incentivazione e/o deducibilità fiscale, ovvero l’utilizzo di garanzie finanziarie statali aggiuntive a copertura della perdita attesa (nel modello delle Gacs), consentirebbero di ridurre il rischio per gli investitori privati, rendendone più vantaggiosa e attraente la scelta di investimento. Data l’ampiezza e la portata del cambiamento prospettato, la realizzazione dello stesso non risulta priva di sfide, da analizzare e indirizzare preventivamente. In primis, risulta fondamentale lo sviluppo di un quadro normativo adeguato, con interventi legislativi e incentivi adeguati, per superare l’attuale “fallimento di mercato” e attrarre investimenti privati verso i progetti di trasformazione sopra menzionati. In secundis, è necessaria una mappatura approfondita degli asset e una strategia di valorizzazione dettagliata, per realizzare il loro “highest and best available use” e massimizzarne il rendimento atteso.

A supporto del processo di trasformazione, sarà ad esempio fondamentale implementare una serie di attività accessorie quali ad esempio la digitalizzazione degli archivi immobiliari e la semplificazione normativa a livello di Amministrazioni Centrali e Locali. Un approccio bilanciato, basato su una valorizzazione progressiva e su strategie di partenariato efficaci, consentirebbe di affrontare queste sfide in chiave pragmatica e imprenditoriale, trasformando il patrimonio pubblico in una leva per rilanciare l’economia italiana e ridurre la pressione del debito pubblico, rafforzando la competitività del Paese nel lungo periodo.

* Senior partner, private equity & real asset leader, Deloitte

** Director, private equity & real asset, Deloitte



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