L’Europa lancia la sfida per le isole. La Sardegna saprà rispondere?
Il 4 aprile si è tenuto a Bruxelles un importante workshop promosso da INSULEUR – l’Associazione delle Camere di Commercio delle Isole del Mediterraneo – incentrato sul ruolo che le politiche di coesione dell’Unione Europea possono giocare nel supportare le imprese a
fronteggiare le sfide del cambiamento climatico.
È stato subito evidente come il cambiamento climatico non impatti solo sulla vita dei cittadini, ma minacci anche la tenuta e la sostenibilità del tessuto economico. Le imprese, in particolare quelle situate nei territori insulari, risultano oggi ancora impreparate ad affrontare questi cambiamenti.
Eppure, proprio le isole del Mediterraneo, come la Sardegna, sono tra le aree più esposte e vulnerabili.
Durante l’evento, la Regione Sardegna ha presentato il proprio Piano Strategico di Adattamento al Cambiamento Climatico, considerato a livello europeo una buona pratica per approccio e contenuti. Un intervento che ha dimostrato come l’isola sia dotata di strumenti avanzati, ma anche quanto sia urgente renderli operativi e interconnessi con le opportunità europee. La Camera di Commercio di Cagliari-Oristano ha posto l’accento sulle difficoltà strutturali delle imprese insulari e sul potenziale delle politiche di coesione per colmare i divari competitivi.
Il vero nodo, tuttavia, resta politico: come far sì che la Commissione Europea riconosca, in maniera concreta e strutturata, le specificità delle isole?
In questo contesto, una novità importante è giunta pochi giorni prima dell’evento: il commissario europeo per la Politica di Coesione, Raffaele Fitto, ha annunciato l’intenzione di avviare una consultazione per costruire una strategia dedicata alle isole europee, in vista della revisione delle politiche di coesione 2021–2027. È un’occasione che non va persa.
La Sardegna, per tradizione e posizione, ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo da protagonista. Ma servono scelte politiche chiare e tempestive. Il programma elettorale della presidente Alessandra Todde aveva individuato la necessità di rafforzare la dimensione europea
della Regione, prevedendo:
la nomina di un rappresentante per gli affari europei, mediterranei e internazionali;
la creazione di un Ufficio Speciale per le relazioni con le istituzioni europee e internazionali;
la partecipazione attiva ai programmi di cooperazione euromediterranea;
il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese e alla valorizzazione del capitale
umano;
un nuovo protagonismo sardo nella governance delle politiche di coesione e nella
promozione della dimensione insulare.
Tuttavia, dopo un anno di governo, questi impegni risultano ancora disattesi. La stessa presidente
Todde, in dodici mesi, ha visitato Bruxelles soltanto due volte: un dato che stride con l’ambizione di
rafforzare la proiezione europea dell’isola.
È vero che le emergenze regionali sono molteplici, ma è altrettanto vero che molte risposte – dai
trasporti all’energia, dalla transizione digitale alla formazione – passano necessariamente da
Bruxelles. Per questo è fondamentale che la Sardegna rafforzi la propria presenza istituzionale
nelle sedi europee, non solo attraverso la Regione, ma mobilitando tutto il sistema
socioeconomico: settore privato, ricerca, terzo settore, autonomie locali.
Il cambiamento climatico, il riconoscimento dello svantaggio dell’insularità e la revisione delle
politiche di coesione rappresentano oggi un banco di prova decisivo. La sfida è aperta. La
Sardegna è pronta a raccoglierla?
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