Il reportage e le agende per concludere affari all’estero: manager esploratori di nuovi mercati commerciali, ecco come promuovono il made in Italy
L’autista attende sul piazzale, sul divanetto di fronte alla reception sono allineati i sacchetti con i campioni di materiali e i piccoli gadget con il logo aziendale. Nicoletta Monaco ha puntato la sveglia presto per affrontare questa giornata itinerante tra i grattacieli che sfidano il caldo torrido e l’aria intrisa di sabbia. È partita dalla sua Brianza due giorni prima, lasciando dietro di sé una scia di raccomandazioni e promemoria ai tre figli e al marito, e dopo aver organizzato per bene le cose anche nell’altro ramo della sua vita: la piccola azienda di famiglia a Vedano al Lambro. È per la Maxpell, infatti, che ora Nicoletta si trova a Dubai, per presentare i suoi prodotti ai potenziali clienti che popolano questa rovente città-stato degli affari, affacciata sul Golfo Persico e assediata dal deserto.
La Maxpell è stata fondata da suo padre Antonio quarant’anni fa nel classico scantinato, per poi crescere diventare una creatura dove oggi lavorano nove persone, compresi i suoi due figli, Giorgio (avvocato) e Nicoletta (bocconiana). Nel magazzino, il corpo principale dell’azienda di via Leonardo da Vinci, centinaia di pelli sono adagiate sui cavalletti governati da un sistema di gestione digitale. Sono soprattutto pelli di toro, le più grandi, che «arrivano esclusivamente da capi macellati per il mercato della carne…», precisa Nicoletta, e racconta tutte le scelte per la sostenibilità compiute nel tempo. Quelle pelli sono destinate all’arredamento di gamma alta, compreso quello di auto e imbarcazioni. Alcune sono partite da Vedano al Lambro per finire a bordo di famose navi da crociera, nei negozi asiatici di un’importante griffe della gioielleria e in prodotto di grandi marchi, che però i Monaco non rivelano. «Andavamo bene sul mercato russo, io ho persino studiato e imparato la lingua, ma poi con la guerra… ».
Insomma, l’azienda funziona, ma con la Russia in guerra, gli Stati Uniti imprevedibili e un fatturato da rilanciare, dopo «questi anni un po’ faticosi», è indispensabile esplorare nuovi mercati: «Vogliamo e dobbiamo tentare l’opzione dei Paesi del Golfo». E allora eccola qui a Dubai, con il bagaglio pieno di materiali da lavoro e di vestiti scelti pensando al clima (torrido di sole e gelido di condizionatori) e alle eventuali sensibilità culturali. Ma come si muove la rappresentante di una piccola azienda brianzola nella grande Mecca del business della penisola arabica? Da dove parte? Nicoletta Monaco non è partita allo sbaraglio. Ad attenderla ci sono due giornate di appuntamenti con potenziali clienti, organizzati per lei da Promos Italia, l’Agenzia nazionale del sistema camerale dedicata proprio al sostegno all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. È una società partecipata da 14 camere di commercio italiane, tra cui la Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi (dove l’idea è partita anni addietro), che aiuta le aziende a sviluppare relazioni commerciali in tutto il mondo. E infatti, in questi giorni a Dubai ci sono altre dieci aziende, per le quali — in collaborazione con Ice Agenzia, cioè l’Istituto del commercio estero e con partner privati — Promos ha predisposto una serie di incontri individuali, dopo aver verificato un interesse preliminare dell’operatore locale per i prodotti proposti dall’impresa italiana.
Ed eccoli qui, i rappresentanti di una dozzina piccole aziende italiane, la metà delle quali dell’area Milanese, che si salutano mentre salgono ciascuno sulla propria auto e partono per seguire il programma della propria agenda. Lo staff di Promos fornisce le ultime indicazioni pratiche, e dopo un briefing nella sede dell’istituto del commercio estero si parte per «la semina». Loro la chiamano così, perché «oggi non si parlerà di prezzi, di quantità e di contratti — come spiega Sabrina Crucitti della Saimex di Meda — ma si stabiliranno rapporti, si risponderà a domande, si ascolteranno persone, un lavoro molto importante».
Il primo appuntamento di Nicoletta Monaco è con un’azienda che fa intermediazione nel settore dell’arredo di alta gamma. La responsabile, una giovane iraniana, si fa attendere, e per intrattenere gli ospiti nell’attesa la sua vice, una signora belga, racconta: «A Milano mi hanno rubato il cellulare». Toccano i campioni di pelle, fanno domande su possibili varianti, vorrebbero trattenere il catalogo, ma Nicoletta spiega che ora le serve e che semmai lo manderà, quindi scatta un’ultima domanda: «Chi altri incontrerete? Dubai è piccola…». Nel cuore del business globale, lo spioncino sulla concorrenza è sempre aperto.
Anche nei tre successivi appuntamenti della giornata, ad attendere la Maxpell ci sono soltanto donne, tre asiatiche e un’italiana. «Conosciamo la vostra pelle — dicono accarezzando i campioni — ma costa molto?». «No, siamo nel mercato, ma possiamo garantire una qualità molto alta».
In auto, durante i trasferimenti, si telefona a casa e in azienda, e alla sera — tranne chi è troppo stanco o si è organizzato per conto suo — tutti insieme a cena. A tavola sembrano una via di mezzo tra un gruppo vacanze e una squadra di commilitoni: rievocano aneddoti e si raccontano le aziende. C’è Stefano Cappi, ingegnere cinquantenne dal sorriso naturale, che da una ventina d’anni manda avanti da Milano 2 la RobyNails, che fattura un milione di euro con i prodotti per la ricostruzione delle unghie, e che adesso vorrebbe far crescere qui in riva al Golfo Persico. E poi c’è la Saimex, che fattura due milioni e mezzo con i suoi prodotti in impasto di fibra di vetro e in ecolegno — per pavimentazioni di barche, piscine o case — e a Dubai ha intercettato l’interesse di architetti e costruttori. Insomma, ha seminato: «E appena torniamo in ufficio dovremo coltivare questi rapporti, annaffiare, scrivere email, mandare campioni e aggiornamenti. E tra non molto tornare qui. Poi, forse, arriverà il raccolto».
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