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Grafene, perché la Nato scommette su una startup italiana che vuole usarlo per le telecomunicazioni


Sembra un alveare di atomi di carbonio, non è nemmeno un semiconduttore ma “solo” un semimetallo, eppure la Nato ha appena scommesso 25 milioni di euro sul grafene. Vuole, così, accelerare lo sviluppo dei ricetrasmettitori fotonici che ne sfruttano le proprietà quantomeccaniche, per rivoluzionare il mondo dell’intelligenza artificiale e della trasmissione dei dati cellulari. Nessuna ambizione da Big tech, però: questo investimento è una mossa del Fondo di innovazione con cui si impegna in prima persona a rafforzare sicurezza e resilienza delle 24 nazioni che lo sostengono. Attraverso la tecnologia. Che stavolta è quella di CamGraPhIC e sarà sviluppata e prodotta in Italia, tra Pisa e Milano. Interamente controllata da 2D Photonics, quest’azienda ha conquistato la fiducia anche di altri tra cui Cdp Venture Capital, Sony Innovation Fund, Bosch Ventures e Indaco Venture Partners. Tutti “pazzi” per il grafene, ma perché?

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Perché il grafene, perché adesso

Che questo materiale possa rivelarsi una valida alternativa al semiconduttore per eccellenza, il silicio, non è una novità. È una speranza coltivata da tempo e confermata anche da uno studio recentemente pubblicato su Nature da ricercatori cinesi e statunitensi. Più facile da reperire, sintetizzare e manipolare, se ben sfruttato il grafene si dimostra particolarmente adatto alla nanoelettronica del futuro.

Al di là dei paper accademici, quello che ha però affascinato la Nato è come CamGraPhIC vuole realizzare ricetrasmettitori basati su questo materiale perché, con il suo nuovo approccio, l’azienda promette un abbattimento dei consumi energetici dell’80% rispetto ai tradizionali ricetrasmettitori ottici plug-in-in per data center. Lo riportano gli investitori stessi nel loro annuncio milionario, citando un serie di benefici a cui mirano. Funzionamento in ampi intervalli di temperatura, con conseguente taglio dei costi di raffreddamento, riduzione della latenza, aumento della larghezza banda, stabilità e scalabilità. E poi, il pragmatico vantaggio di poter produrre questi nuovi ricetrasmettitori anche con strumenti già in uso, grazie a un’architettura di dispositivo che riesce a facilmente a integrare all’interno della struttura fotonica, grafene di altissima qualità.

Dall’AI verso aeronautica e spazio

La sostituzione del silicio con il grafene è una sfida in corso. Vincerla, per chi ci investe milioni di euro, significa accelerare lo sviluppo dell’hardware per l’AI, senza aumentare l’impatto sulle emissioni globali. Se si riesce ad aumentare efficacia ed efficienza del trasferimento di grandi volumi di dati tra le unità di elaborazione grafica (Gpu) e la memoria ad alta larghezza di banda (Hbm), infatti, la prima a beneficiarne sarebbe proprio l’intelligenza artificiale generativa. Il secondo, il supercomputing e tutto ciò che riguarda l’informatica ad alte prestazioni.

La commercializzazione della tecnologia grafene-fotonica permetterebbe quindi di superare il maggior collo di bottiglia della diffusione dell’AI generativa – i consumi energetici – ma non solo. Con CamGraPhIC, 2D Photonics mira a spaziare anche in altri settori come quello dell’aeronautica e della  guida assistita, come dello spazio. Rispetto alle tecnologie esistenti, l’arrivo di ricetrasmettitori robusti e ad alte prestazioni al servizio di chi esplora l’universo, comporterebbe vantaggi sia tecnici e commerciali forti e decisamente legati a obiettivi di sicurezza e resilienza militare. Esattamente quelli che stanno a cuore alla Nato.

A Pisa ricerca, a Milano produzione

Nonostante il nome anglofono, CamGraPhIC è stata co-fondata da due innovatori dai cognomi italiani. Uno è Andrea Ferrari, direttore del Cambridge Graphene Centre, e l’altro Marco Romagnoli, responsabile del settore ricerca – tecnologie avanzate per l’integrazione fotonica del Consorzio nazionale interuniversitario per le telecomunicazioni (Cnit) di Pisa. Era il 2018. L’iniezione di capitale e fiducia ricevuta ora da Nato & Co attraverso 2D Photonics (società capogruppo formata nell’ambito di questo round di investimento), la porterà a migliorare le proprie capacità di ricerca e sviluppo, a Pisa, e di produzione, nell’area di Milano. Sarà qui che nascerà il centro pilota per ottimizzare un iter di realizzazione della tecnologia al grafene che sia possibile anche su larga scala e in un ambiente di fonderia di semiconduttori.

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Sempre con i fondi ricevuti, CamGraPhIC punta a formare anche un team senior che la guidi nei futuri sviluppi del grafene ma anche nell’impegno che ha “personalmente preso” nel sostenere le nuove attività del Ministero delle Imprese e Made in Italy attraverso il National chips fund.



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