Dalla qualità dell’aria che respiriamo all’acqua che beviamo, dal cibo che nutre miliardi di persone alla regolazione del clima: i sistemi naturali offrono servizi essenziali per la vita umana. Noti come servizi ecosistemici, non sono solo fondamentali per il nostro benessere e la nostra sopravvivenza, ma rappresentano anche una risorsa economica immensa. Il loro valore globale è stimato in oltre 150.000 miliardi di dollari all’anno – quasi il doppio del PIL mondiale. Eppure, dalla fine degli anni ’90 a oggi la perdita di questi servizi, è costata all’economia globale circa 5.000 miliardi di dollari all’anno, pari al 6% del PIL mondiale. Il nuovo report realizzato da Boston Consulting Group (BCG) e Quantis, titolato “A Value-Driven Approach to Nature-Based Infrastructure“, considera nel dettaglio uno dei settori principalmente responsabili per la perdita di servizi ecosistemici: il settore delle infrastrutture. È infatti con lo sviluppo dei progetti nel comparto e le operation collegate che si perde oltre il 25% di biodiversità per mano dell’uomo, con effetti sulla frammentazione degli habitat, sull’esaurimento delle risorse e sull’inquinamento degli ecosistemi terrestri, d’acqua dolce e marini.
Fabio Favorido, Associate Director di BCG
Il settore delle infrastrutture ha un ruolo chiave nel ripristino degli ecosistemi ambientali, integrando opere ingegneristiche con approcci nature-based che sfruttano i processi naturali per gestire le risorse e rafforzare la resilienza climatica.L’interesse verso queste soluzioni sta crescendo, trainato da rendimenti positivi e dalla riduzione dei rischi economici legati alla perdita di biodiversità. Le istituzioni finanziarie sono fondamentali per supportarle, mobilitando capitali privati e utilizzando strumenti innovativi per incentivare la transizione ecologica. Per gli investitori pionieri, il finanziamento di progetti di ripristino ambientale offre ricavi potenziali fino a 250 milioni di dollari all’anno per istituzione.
L’interesse verso il ripristino della natura è in forte crescita, dando vita a un mercato in espansione che richiederà circa 1.200 miliardi di dollari all’anno di capitali privati per sostenere aziende specializzate in consulenza, supporto tecnico e sviluppo di progetti ambientali per soggetti terzi. Tuttavia, nonostante la crescente attenzione e il potenziale economico, un’indagine condotta su oltre 45 operatori infrastrutturali a livello globale evidenzia un panorama ancora frammentato e disomogeneo, con strategie di ripristino della natura molto diverse tra loro. BCG e Quantis ne individuano tre:
- Soluzioni convenzionali o “grigie”: si basano su infrastrutture artificiali e sistemi ingegnerizzati, come argini e canali. Sono progettate per rispondere a esigenze specifiche, ma spesso comportano un elevato consumo di risorse, costi di manutenzione e impatti ambientali
- Soluzioni Nature-based (NbS): orientate al potenziamento dei processi naturali e della rigenerazione degli ecosistemi per affrontare sfide ambientali complesse (cambiamento climatico, gestione delle acque e sicurezza alimentare). Offrono benefici multipli grazie alla loro capacità di integrarsi con l’ambiente naturale, durare nel tempo e favorire la biodiversità
- Soluzioni ibride: combinano infrastrutture grigie con approcci basati sulla natura, integrando l’efficienza delle opere ingegneristiche con i vantaggi ecologici delle NbS. Questo approccio flessibile permette di sviluppare interventi su misura, capaci di rispondere a esigenze complesse in modo integrato
Se da un lato le imprese sono generalmente attente a tematiche come il cambiamento climatico e l’inquinamento ambientale, dall’altro mostrano una minore percezione rispetto a questioni come l’uso sostenibile del suolo e la diffusione delle specie invasive. Questa parziale consapevolezza si riflette chiaramente nelle strategie adottate: solo il 30% delle aziende ha già avviato iniziative concrete basate sulla rigenerazione ecologica (NbS), mentre l’80% si concentra principalmente sulla riduzione dell’impatto ambientale tramite miglioramenti operativi, come l’efficientamento energetico o la riduzione degli sprechi. Per un impatto più significativo, è però necessario un approccio strategico che vada oltre la mitigazione del danno, puntando al ripristino ecologico, alla riduzione delle risorse utilizzate, alla cattura del carbonio e alla resilienza climatica.
Alcuni esempi di soluzioni nature-based
In questo senso, lo studio propone alcuni esempi di soluzioni nature-based che ogni comparto infrastrutturale può integrare per contribuire concretamente al ripristino della natura. Per esempio, i trasporti via terra possono favorire la continuità ecologica con ponti verdi e corridoi faunistici, mentre le città possono puntare su micro-foreste urbane e sistemi di drenaggio sostenibile. Le infrastrutture costiere possono ridurre l’erosione con mangrovieti e barriere naturali, mentre il settore idrico e dei rifiuti può migliorare la qualità dell’acqua grazie a zone umide artificiali e sistemi di fitodepurazione.
Queste soluzioni, adattabili e multifunzionali, permettono non solo di mitigare l’impatto ambientale, ma anche di generare benefici economici, oltre che sociali e di resilienza climatica. Un esempio concreto arriva da una comunità rurale del Regno Unito, che ha sostituito i tradizionali sistemi di trattamento delle acque reflue con una zona umida artificiale, ottenendo un ritorno sugli investimenti (ROI) pari al 320%, più del doppio rispetto al 150% offerto dalle soluzioni convenzionali “grigie”, dimostrando la convenienza e solidità economica delle infrastrutture green.
Adottare soluzioni in grado di sfruttare i processi naturali, rappresenta quindi una risposta concreta alle sfide ambientali attuali e, integrando innovazione tecnologica e processi ecologici, le infrastrutture sostenibili possono davvero assicurare benefici ambientali tangibili, crescita economica sostenibile e rafforzamento delle comunità locali.
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