L’interesse degli investitori cinesi per le aziende italiane ha registrato una serie di acquisizioni che hanno coinvolto settori strategici come l’automotive, l’energia, l’alimentare e la moda. Queste operazioni hanno spesso portato a un’espansione internazionale dei marchi italiani, ma hanno anche sollevato preoccupazioni sulla tutela del patrimonio industriale nazionale. Dopo un periodo di rallentamento si è assistito a un’accelerazione, come dimostrato dal caso di Bialetti che esaminiamo in questo articolo. Vediamo allora quali sono:
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Bialetti – Nuo Capital -
Candy – Haier -
Buccellati – Gangtai Group -
Pirelli – ChemChina -
Ansaldo Energia – Shanghai Electric -
Riso Scotti – Bright Food -
Krizia – Shenzhen Marisfrolg -
Salov (Sagra) – Bright Food -
Perché la Cina compra in Italia e quali rischi
Bialetti – Nuo Capital
Nel 2025, Bialetti, storica azienda italiana famosa per la moka express, è stata acquisita dal fondo di investimento Nuo Capital, controllato dalla famiglia PaoCheng e dagli eredi del fondatore di Hermès. L’operazione, del valore di 53 milioni di euro per il 78,6% delle azioni, punta a rilanciare il marchio a livello internazionale, con attenzione al mercato asiatico e al potenziamento dell’e-commerce. L’acquisizione è avvenuta dopo anni di difficoltà finanziarie per Bialetti, con un piano di ristrutturazione in corso e una forte esposizione debitoria.
Candy – Haier
Nel 2018, il gruppo cinese Haier ha acquisito Candy, azienda italiana produttrice di elettrodomestici, per circa 475 milioni di euro. L’acquisizione ha permesso a Haier di rafforzare la propria presenza in Europa. L’integrazione ha dato vita a Haier Europe e reso Haier uno dei principali player europei del settore degli elettrodomestici. Dopo l’acquisizione, Candy ha continuato a produrre in Italia, ma è stato già annunciato un piano di razionalizzazione che vedrà lo stop della produzione nello storico stabilimento lombardo di Brugherio entro giugno 2025.
Buccellati – Gangtai Group
Nel 2017, il gruppo cinese Gangtai ha acquisito l’85% della storica azienda milanese di alta gioielleria Buccellati per 195,5 milioni di euro. L’operazione aveva l’obiettivo di espandere il marchio nel mercato asiatico. Nel 2019 Gangtai ha ceduto nuovamente l’azienda al gruppo Richemont a causa di difficoltà finanziarie. Durante il periodo cinese, Buccellati ha aperto nuove boutique in Cina, ma non ha raggiunto gli obiettivi attesi in termini di crescita.
Pirelli – ChemChina
Nel 2015, il colosso cinese ChemChina ha acquisito la maggioranza di Pirelli, uno dei principali produttori di pneumatici al mondo, per 7,1 miliardi di euro. L’operazione ha segnato una delle più grandi acquisizioni cinesi in Italia e portato Pirelli sotto il controllo diretto di ChemChina attraverso la holding Marco Polo International Holding Italy S.p.A. Dopo l’acquisizione, Pirelli è stata delistata e poi rilanciata in Borsa nel 2017. L’influenza cinese ha accelerato l’espansione nel mercato asiatico e la digitalizzazione della produzione. Nel 2023, ChemChina ha ridotto la sua quota sotto il 37%, aumentando il peso degli investitori istituzionali.
Ansaldo Energia – Shanghai Electric
Nel 2014, Shanghai Electric ha acquisito una quota del 40% di Ansaldo Energia, azienda italiana attiva nella produzione di impianti per la generazione di energia. L’accordo ha portato anche alla creazione di joint venture per la produzione di turbine a gas in Cina e ha aperto nuovi mercati per Ansaldo, in particolare in Pakistan, India e Medio Oriente. Nel 2021, lo Stato italiano ha esercitato il golden power per impedire l’aumento della partecipazione cinese oltre la soglia attuale.
Riso Scotti – Bright Food
Nel 2014, il gruppo cinese Bright Food ha acquisito il 60% di Riso Scotti, storico produttore italiano di riso. L’investimento ha mirato a portare i prodotti di Riso Scotti sul mercato cinese, sfruttando la rete distributiva di Bright Food. Negli anni successivi, Bright Food ha ridotto la sua quota lasciando maggiore autonomia alla famiglia Scotti. Il riso per il mercato asiatico è stato adattato alle preferenze locali con una forte spinta sul segmento salutistico.
Krizia – Shenzhen Marisfrolg
La maison di moda Krizia è stata acquisita nel 2014 dalla stilista cinese Zhu Chongyun, proprietaria del gruppo Shenzhen Marisfrolg. L’acquisizione ha portato al rilancio del marchio, con l’apertura di nuovi negozi e una maggiore presenza sulle passerelle internazionali.
Salov (Sagra) – Bright Food
Sempre Bright Food ha acquisito nel 2014 una quota di maggioranza di Salov, azienda italiana produttrice di oli alimentari, tra cui il marchio Sagra. L’investimento ha portato i prodotti di Salov sul mercato cinese. L’olio extravergine di oliva ha avuto un forte appeal tra i consumatori cinesi, attenti alla qualità.
Perché la Cina compra in Italia e quali rischi
La strategia cinese non nasce dal caso, ma risponde a una logica ben precisa. L’obiettivo è quello di inserirsi a pieno titolo nell’economia globale, accorciando i tempi della transizione da una produzione di massa a basso costo verso una produzione basata su innovazione, qualità e valore aggiunto.
La Cina, consapevole di avere ancora un gap in termini di ricerca e creatività, ha deciso di “acquistare tempo” puntando su acquisizioni strategiche in Europa. L’Italia, ricca di marchi storici, competenze industriali avanzate e imprese familiari eccellenti ma sotto-capitalizzate, è diventata terreno fertile per questa offensiva economica.
Le iniezioni di capitale sono una boccata d’ossigeno per aziende in crisi, ma nel lungo periodo sono Pechino e le sue aziende a trarre i maggiori vantaggi: accesso a nuovi mercati, marchi prestigiosi, tecnologie avanzate e soprattutto influenza economica e politica.
Il rischio per l’Italia è la progressiva perdita di controllo su settori strategici. Quando un’azienda italiana, attiva magari nell’energia, nelle infrastrutture, nella tecnologia o nella difesa, viene acquisita da un soggetto straniero (soprattutto se legato a un governo come quello cinese), il Paese rinuncia di fatto alla capacità decisionale diretta su una risorsa per la sua economia.
Non dimentichiamo quindi che le aziende italiane detengono conoscenze tecniche, brevetti, tecnologie di alto valore. Una volta acquisite, queste competenze sono assorbite dal gruppo cinese, rielaborate e integrate nei propri processi. In pratica l’innovazione prodotta in Italia viene di fatto regalata a un concorrente globale, che la utilizza per rafforzarsi.
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