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Agevolazione Imu, spetta l’esenzione a chi dimora nello studio o ha abitazione a uso promiscuo?


L’agevolazione Imu sull’abitazione principale cambia per chi ha dimora abituale nello studio o ha l’abitazione a uso promiscuo (lo studio in una parte della casa)? Non è inusuale che un professionista stabilisca lo studio in una parte della casa in cui vive, così come potrebbe capitare che un autonomo adibisca parte dello studio professionale ad abitazione principale. Si ha diritto in ogni caso alle agevolazioni sull’imposta municipale?

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Sempre più spesso, anche per tagliare i costi, i professionisti adibiscono lo stesso immobile a studio professionale e ad abitazione principale e quello che si chiedono è se spettano le riduzioni Imu previste per l’abitazione principale. L’esenzione Imu spetta solo a una condizione che andremo a vedere di seguito.

Esenzione Imu, quando spetta?

A essere fondamentale per l’esenzione Imu non è se l’immobile rappresenta la propria residenza o meno, ma la sua destinazione d’uso. L’esenzione, infatti, spetta solo per gli immobili a uso abitativo.

La regola generale dell’Imu vuole che l’esenzione per l’abitazione principale spetti se il possessore vi dimora abitualmente e se ha spostato nell’immobile la propria residenza.

A chiarire che per gli uffici non vale la stessa esenzione, anche se adibiti ad abitazione principale, è la sentenza 9496/2024 della Corte di Cassazione. Un immobile censito nella categoria A10, come ufficio o studio, non può godere delle stesse agevolazioni previste per gli immobili a uso abitativo.

Se, quindi, il professionista ha adibito parte dello studio/ufficio (accatastato come A10) ad abitazione principale, proprio per l’accatastamento non ha potuto trasferire in esso la propria residenza. Per avere diritto all’esenzione Imu si potrebbe cambiare la destinazione d’uso dell’immobile chiedendo e ottenendo dal Comune l’autorizzazione a costruire.

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In questi casi bisogna fare attenzione anche quando si acquista un immobile per andarci a vivere: la categoria catastale è determinante perché per il riconoscimento della residenza non serve soltanto che l’immobile sembri destinato all’uso abitativo, ma anche che effettivamente sia destinato a questo uso. Potrebbe capitare di acquistare un immobile accatastato come ufficio senza prestare attenzione alla categoria catastale e, poi, avere l’amara sorpresa di non poterci spostare la propria residenza.


Se in casa ho anche l’ufficio spetta l’esenzione Imu?

Proprio in base a quello che abbiamo affermato nel paragrafo precedente, se si ha un immobile a uso abitativo in cui si risiede e dove si dimora abitualmente e in esso si decide di destinare una porzione allo studio/ufficio professionale, l’agevolazione Imu spetta?

In questo caso l’esenzione è dovuta perché i presupposti dell’abitazione principale sono soddisfatti pienamente (dimora e residenza) e dello stesso avviso è anche il MEF che nell’interpello 8/2017 ha confermato che per avere l’esenzione dal pagamento dell’Imu è importante soltanto che siano soddisfatti i requisiti di residenza e di destinazione all’abitazione principale, anche se l’abitazione civile è destinata a un uso promiscuo.

Il caso di uso promiscuo dell’abitazione non è previsto dalla normativa, ma la stessa non prevede neanche che l’uso come abitazione principale debba essere esclusivo. Proprio per questo motivo l’esenzione spetta. Come è stato chiarito in questo articolo le cose da valutare sono due:

  • che l’immobile sia accatastato come uso abitativo e non come ufficio;
  • che il contribuente abbia stabilito la sua residenza in esso.

Anche se l’immobile è a uso promiscuo, pertanto, risulta essere abitazione principale e, quindi, l’agevolazione è riconosciuta.

In caso in cui il proprietario dell’immobile che ha residenza in esso decida di affittare parte della casa a un professionista che ci voglia realizzare lo studio, l’esenzione spetta? La Commissione Tributaria Regionale di Roma, con la pronuncia n. 2415/16/2019, ha affermato che l’esenzione Imu è riconosciuta anche nel caso di locazione parziale dell’immobile visto che il contribuente mantiene in esso la residenza e la dimora abituale. A contare ai fini dell’esenzione è l’utilizzo dell’abitazione come residenza e non il fatto che una parte dell’immobile sia locato.

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