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le città devono adattarsi a una popolazione di tutte le età


Se non vengono adottate subito misure per rendere gli agglomerati urbani più inclusivi per le persone di tutte le età, sia anziane che giovani, i costi economici e sociali per le città saranno significativi. Questo è il messaggio principale evidenziato dal rapporto “Cities for all ages”, pubblicato il 14 aprile dall’Ocse, che sottolinea le sfide che pone l’aumento, nei prossimi anni, della popolazione urbana di più di 65 anni. Si prevede, infatti, che questa quota crescerà nei 35 Paesi Ocse dal 20,9% del 2020 al 27,9%. Ma allo stesso tempo le città si stanno ingrandendo e sta crescendo il numero dei loro abitanti, considerando che questi territori offrono maggiori opportunità economiche, soprattutto per i più giovani. Quindi, nelle realtà urbane aumenteranno sia i bisogni connessi con le fasce più anziane della popolazione, che quelli legati alle fasce più giovani. Una doppia pressione che non deve trovare le città impreparate.

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Città escludenti

La questione dei cambiamenti demografici delle metropoli pone degli interrogativi su come le città devono trasformarsi per evitare ripercussioni a lungo termine sul tessuto socio-economico. Per esempio, in città mal pianificate persone anziane, famiglie con bambini piccoli e giovani adulti sono spesso obbligati a vivere al di fuori dai centri cittadini. Un fenomeno che riduce l’interazione generazionale e limita i benefici economici e sociali delle diverse comunità, con effetti sulle persone anziane ma anche sui giovani, come per esempio gli studenti, che nelle metropoli vivono più alte possibilità di isolamento sociale. Secondo il documento, in alcuni Paesi Ocse come gli Stati uniti, le disuguaglianze tra i quartieri di una stessa città sono tra i fattori che incidono in modo più significativo sulla mobilità sociale. 


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La questione casa

Nelle città sta emergendo ormai da decenni una difficoltà sempre maggiore nel trovare alloggio, mettendo a rischio soprattutto le fasce di popolazione meno abbienti. L’aumento dei prezzi delle case (cresciuti in media nella zona Ocse del 77% dal 1996 al 2022, a fronte di un aumento del Pil nello stesso periodo del 29%) ha portato a condizioni di sovrappopolamento all’interno delle abitazioni.  

Per i giovani, il problema è legato alla possibilità di uscire dalla casa dei genitori. Da considerare per esempio che nei Paesi dell’Unione europea, in media circa la metà delle persone tra 20 e 29 anni vive in casa con i genitori, un fattore che da una parte ritarda la possibilità di acquistare una casa, e dall’altra li espone al rischio di diventare “persone senza fissa dimora”. Sebbene i dati siano difficili da reperire, il fenomeno dei senzatetto tra i giovani è infatti in aumento in alcuni Paesi Ocse.

Le persone anziane che non hanno accesso ad alloggi adeguati alle loro necessità riportano più alti rischi di incidenti domestici, una condizione che mina la loro indipendenza. Secondo un sondaggio dell’Australian housing and urban research institute, citato dall’Ocse, in Australia il 75% degli intervistati – operatori immobiliari e professionisti dell’assistenza agli anziani – considera gli alloggi riservati alla terza età come “non adeguati” o “per nulla adeguati”. 

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Le indicazioni dell’Ocse

Per andare incontro alle sfide che le città si troveranno a affrontare con il cambiamento demografico, il documento offre una lista di nove raccomandazioni:

  • dare priorità a pianificazioni urbane più inclusive e flessibili;
  • supportare soluzioni abitative mirate ai bisogni delle diverse generazioni;
  • facilitare, tramite le istituzioni pubbliche, opportunità di lavoro per giovani e anziani nel terzo settore e nel pubblico;
  • mobilitare finanziamenti per città inclusive per tutte le fasce di età; 
  • formare le istituzioni pubbliche alla promozione di politiche urbane attente ai bisogni delle diverse fasce di età;
  • implementare dati targettizzati per fascia d’età degli abitanti;
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  • allineare le politiche delle amministrazioni per rendere più accessibili alloggi, trasporti e servizi sociali;
  • coinvolgere gruppi di ogni età nella pianificazione delle città;
  • condividere con altre città buone pratiche e progetti pilota.

Alcune buone pratiche arrivano anche dall’Italia. Ad esempio, Torino (come Alicante, in Spagna) offre alloggi ai giovani in cambio dell’assistenza agli anziani.

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Copertina: Unsplash



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